Intervista_La perfezione dell’essere imperfetti
La scelta di una giornalista inglese fa riflettere e diventa in un attimo virale: vivere al meglio al 70% e lasciare il restante 30% di spazio a imperfezioni, pigrizia ed errori.
Quali possono essere i vantaggi e gli svantaggi di una scelta di questo tipo?
In realtà, anche se non mi piace ridurre a un numero percentuale, penso che si tratti di una situazione, un concetto di normalità.
Dobbiamo riappropriarci di un senso della vita più reale in cui la perfezione non esiste, esistono dei tentativi che facciamo per raggiungere nostri standard elevati, se lo desideriamo, ma l’errore convive con noi, sempre. Ne è un esempio il funzionamento del nostro organismo, fisiologicamente il nostro sistema commette continuamente “errori”, ma grazie a sistemi di controllo e feedback, gli errori vengono riconosciuti, compresi e corretti. Quindi che desiderio malato è mai quello di non voler mai commettere errori?
Il non commettere errori ci fa erroneamente pensare di essere più “giusti”, più meritevoli dell’amore e delle considerazioni degli altri, ma credetemi, non c’è nulla di più falso. Chi non ci ama, non ci ama… indipendentemente dal nostro grado di perfezione. Chi ci ama e ci stima, lo fa anche per la nostra capacità di sbagliare e rialzarci. Se ci pensiamo bene, i grandi leader e le persone di successo che vengono oggi maggiormente seguite su vari social media, sono persone che hanno avuto un percorso fatto anche di errori e spesso di fallimenti, ma che hanno saputo rialzarsi, alle volte hanno dovuto ricominciare da capo, per poi eccellere in ciò che desideravano.
La ricerca spasmodica della perfezione ci sottopone ad un rischio, che è poi quasi una certezza, quello di deludere sempre le proprie aspettative interiori e ancora peggio, non raggiungere mai un grado reale di soddisfacimento. Potremmo paragonarlo all’incapacità di “tirare un respiro di sollievo”, rimanere quindi costantemente in una situazione di tensione e di critica interiore, nella quale esauriamo le nostre batterie interiori e ci focalizziamo sempre su ciò che non abbiamo fatto perfettamente, su ciò che non abbiamo ottenuto, su ciò che gli altri ci criticano e ci giudicano.
Spesso mi trovo a ricordare ai miei pazienti che la perfezione è un attributo divino, quindi non attribuibile a noi essere umani. Cercare la perfezione continuamente può anche essere un modo per auto punirci di ciò che non ci è stato riconosciuto in termini di visione e riconoscimento da parte dei nostri genitori. Se così fosse, facciamo pace con noi stessi, perdoniamoci per ciò che abbiamo sbagliato, flagellarci non ci servirà a nulla e non ci farà crescere e migliorare. Usiamo invece i nostri errori come guida per non ripetere i nostri sbagli.
Le donne sono poi maggiormente soggette alla paura di non essere all’altezza delle aspettative altrui perché, diciamocelo, soprattutto in questo mondo moderno, noi donne subiamo una pressione fortissima su tantissimi ambiti:
- lavorativo, dove ci viene chiesto di lavorare come uomini ma non ci viene riconosciuto parimenti il ruolo;
- in famiglia dove dobbiamo occuparci di tutto, dalla gestione casalinga ai figli, dalla spesa alle vacanze, dall’amministrazione familiare alla gestione scolastica ed extrascolastica dei figli;
- familiare di origine, perché una donna rimane sempre una figlia, e si occuperà per sempre dei genitori;
- relazionale, perché una donna cura e mantiene le sue relazioni extra familiari ed extra lavorative per anni;
- e non abbiamo preso in considerazione gli ambiti sessuale, sportivo, di carriera, hobby, …
Eccellere in tutto? Impossibile!
Forse l’inizio è proprio questo, partendo da questo elenco e cominciando a dire ce l’ho / non ce l’ho, per fare un sereno inventario di tutte le cose delle quali ci dobbiamo prendere cura nella nostra vita e cominciare a pesarle.
Dopo di che è bene appuntarsi sulla giacca qualche medaglia al merito, che sì ci siamo auto attribuite, ma sarà bene cominciare a capire che non possiamo aspettare che siano gli altri ad attribuircele.
Come imparare quindi a convivere con l’errore?
Gli errori sono sani e giusti, ci indicano che stiamo progredendo, che ci stiamo muovendo. Qualcuno diceva: “Chi non lavora non sbaglia mai”, ed è verissimo.
Gli errori vanno utilizzati esattamente come utilizzeremmo un libro di ricette, un manuale di istruzioni; ci servono come traccia per non sbagliare di nuovo, per fare meglio, e ci ricordano le esperienze che abbiamo avuto, se utilizzati con consapevolezza gli errori ci aiutano ad allenare la sensibilità, la capacità di analizzare le situazioni per capire quali sono state le leve interiori ed esteriori che ci hanno fatto commettere errori.
Comprendere le motivazioni interne ci aiuterà a migliorarci e a conoscerci meglio e più in profondità. Conoscere le leve esteriori ci aiuterà a comprendere meglio il mondo e le relazioni nelle quali viviamo e con cui dobbiamo confrontarci.
Siate consapevoli dunque, non perfetti!